23 luglio, 2005

Psicoanalizziamoci (col trattino o senza)



Tom Curzon, il terapista del centro antidroga, che faceva l’assistente sociale e non il medico, era uno della scuola rogeriana, e aveva una terapia basata sull’individuo. Allora sono andato in biblioteca a vedere quello che aveva scritto Rogers. Il libro che ho letto era una cacata, ma per dire la verità mi sembrava che Tom si fosse avvicinato più degli altri a quella che secondo me era la verità. Disprezzavo me stesso e il mondo perché non ero capace di accettare i miei limiti personali e quelli che mi venivano imposti dalla vita.
A quanto pareva, quindi l’accettazione dei propri limiti era una condizione mentale sana, o comportamento non deviante. Il successo e il fallimento sono semplicemente la soddisfazione o la frustrazione del desiderio. Il desiderio può essere in prevalenza intrinseco, basato sui nostri impulsi personali, oppure estrinseco, stimolato soprattutto dalla pubblicità o dai modelli di comportamento sociale che ci vengono proposti dai mass media e dalla cultura popolare. Dice Tom che i miei concetti di successo e fallimento funzionano solo ad un livello più individuale, e non a un livello sia individuale che sociale. E quindi siccome mi rifiuto di accettare un riconoscimento da parte della società, il successo e il fallimento possono essere per me soltanto delle esperienze momentanee, perché sono esperienze che non possono essere sostenute dall’accettazione di altri valori di tipo sociale, come il benessere materiale, il potere o la posizione sociale; oppure, nel caso di un fallimento, la condanna e la disapprovazione. E allora, secondo Tom, non serve a un cazzo venirmi a dire che sono andato bene agli esami, che ho un buon lavoro o che sto con una bella ragazza; perché questo tipo di riconoscimento per me non significa niente. E’ chiaro che mi fa piacere, quando succedono queste cose, e che hanno un valore in se stesse, ma è un valore che non può essere sostenuto senza un riconoscimento da parte mia della società che lo considera come tale. Quello che Tom sta cercando di dire, credo, è che non me ne frega un cazzo. Perché?
Così torna in ballo la mia alienazione dalla società. Il problema è che Tom si rifiuta di accettare il mio punto di vista, che non è possibile cambiare la società per migliorarla davvero, e che io non posso cambiare per adattarmi alla società. Questa situazione provoca in me depressione. Scarico tutta la rabbia che provo contro me stesso, è questa la depressione, dicono. Però la depressione provoca anche una mancanza di motivazione. Mi cresce un vuoto dentro. La droga mi serve a riempire il vuoto, e mi aiuta anche a soddisfare il mio bisogno di distruggere me stesso, e qui torniamo alla rabbia diretta contro di sé.
Qui devo dire che sono d’accordo con Tom. Dove non ci troviamo d’accordo più d’accordo è quando lui si rifiuta di vedere lo squallore totale del quadro generale. Lui dice che soffro di una mancanza di fiducia in me stesso., e che mi rifiuto di accettare questo fatto scaricando tutta la colpa sulla società. Secondo lui, questo mio modo di sminuire tutte le lodi e le ricompense ( e di conseguenza anche le condanne) che potrei ricevere dalla società non è un rifiuto dei valori in sé, ma una prova del fatto che non mi sento abbastanza soddisfatto (o abbastanza scontento) di me stesso per accettarle. Invece di uscirmene a dire chiaro e tondo: Non credo di avere queste qualità (oppure credo di essere meglio di così), io dico: Tanto sono un mucchio di cazzate.
Quando ho ricominciato a bucarmi per l’ennesima volta, e lei ha deciso che non voleva più vedermi, Hazel mi ha detto: "Tu ti incazini con la droga solo perché così puoi far credere a tutti di essere un tipo profondo e complesso. Cazzo, che pena che sei, e che rottura di palle".
In un certo senso lo preferisco, il punto di vista di Hazel. Perché almeno c’è di mezzo anche l’ego. Lei fa la vetrinista in un grande magazzino, ma si definisce ‘un’esperta in esposizioni di beni di consumo’ o roba del genere. Perché dovrei rifiutare il mondo, e pensare di essere meglio di tutto il resto? Perché sì, ecco perché. Perché cazzo, è evidente che sono meglio degli altri, è così e basta.
Come risultato di questo mio atteggiamento, mi hanno mandato a fare ‘sta terapia di merda. Ma chi cazzo la voleva tutta ‘sta roba? Dovevo scegliere, o questo o la galera. E quasi quasi comincio a pensare che gli è andata bene, a Spud, se l’è cavata meglio lui di me. Questa roba di merda confonde solo le acque, non ci capisco più un cazzo. A me basta che la gente si faccia i cazzi propri, così io mi faccio i miei. Ma perché soltanto perché uno si droga, tutti ‘sti stronzi pensano di avere il diritto di spezzettarlo e di analizzarlo nei minimi particolari?
E se poi glielo riconosci, questo diritto, va a finire che ti che ti ci metti anche tu insieme a loro, alla ricerca di questo sacro graal, di questa cosa misteriosa che ti fa funzionare. Poi cominci ad accettare anche le loro opinioni, e ti lasci fregare, ti metti a credere a qualsiasi teoria di comportamento del cazzo che decidono di affibiarti. E quel punto sei fottutto., sei loro, non sei più tuo; invece di dipendere dalla droga adesso dipendi dai coglioni che ti curano.
La società inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, i fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi, scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti e fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita.


(- Irvine Welsh, Trainspotting -)

1 Comments:

Blogger Laura said...

Mi sembra un po' il mio solito interrogativo : perchè chi è diverso viene generalmente considerato sbagliato e non semplicemente DIVERSO ?
Secondo me quando una persona non è "portata" naturalmente all'omologazione,per quanto possa sforzarsi di adeguarsi agli standards imposti ( o,come credo,solo suggeriti) dalla società,e per quanto possa riuscire in questa auto-violenza,prima o poi avvienne una sorta di ribellione scatenata da qualcosa che riattiva quelle parti del cervello che si sono nel frattempo atrofizzate...e a questo punto ognuno reagisce a modo suo.
é troppo facile però dire "é tutta colpa della società" se mi drogo,se sono depresso, se non vivo la vita che vorrei...anche secondo me è più una questione di "accettazione dei propri limiti".
La vera "motivazione" potrebbe consistere nel difendere la propria alienazione dalla società e farne una forza anzichè una debolezza.

27 luglio, 2005 20:55  

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